💟 RITARDO LINGUISTICO E FONOLOGICO

Ritardo linguistico e fonologico nei bambini


L’importanza del linguaggio nella vita umana può indurci a pensare che l’ “imparare a parlare” sia totalmente regolato da fattori interni, di tipo biologico: una capacità così vitale alla sopravvivenza della specie dovrebbe essere robusta, insensibile alla varietà delle condizioni ambientali in cui può
svilupparsi, modulata da ritmi di sviluppo geneticamente determinati. In effetti i ritmi di sviluppo del linguaggio mostrano una notevole variabilità individuale, maggiore di quella che ci aspetteremmo da un processo di maturazione scandito da una sorta di “orologio interno”.  
Se un bambino di 2 anni e mezzo, pur crescendo in normali condizioni di vita familiare, non riesce ancora a camminare possiamo essere sicuri che c’è qualcosa di patologico nel suo sviluppo motorio. 
Se a 2 anni e mezzo il linguaggio espressivo (dire parole o brevi enunciati) non ha fatto la sua comparsa siamo autorizzati a preoccuparci, ma non ad essere sicuri che vi sia qualcosa di patologico. 
Per il linguaggio non è facile individuare i limiti che caratterizzano uno sviluppo normale distinguendolo da un processo di acquisizione deviante e patologico.

E’ importante ricordare che un ritardo nello sviluppo del linguaggio non è affatto un indice di ritardo nello sviluppo cognitivo. 
La maggior parte dei bambini che parlano tardi ha normali o ottime capacità intellettive e sa usare diverse strategie (gesti, prosodia) per esprimere le proprie intenzioni comunicative.
In questo articolo ci occupiamo di bambini che arrivano tardi all’appuntamento con i “suoni” e le strutture della lingua avendo peraltro un udito normale e un normale sviluppo psico-fisico e affettivo. 

Bambini che non parlano a due anni

Ruggero ha due anni e quattro mesi, è vivace, segue il papà nei lavori di giardinaggio, imitandolo con una piccola carriola e un rastrello. E’ in continua attività e molto aperto alla comunicazione: alla vista di due vicine di casa corre verso di loro, alza le braccia sorridendo e vocalizzando; dopo essere stato preso in braccio allunga il braccio e indica la cucina, dove qualche giorno prima aveva ricevuto un biscotto. 
Alla richiesta della vicina “Vuoi un biscotto?”, sorride e annuisce. Preso il biscotto dà un’occhiata alla gabbia dove sta un uccellino, guarda attentamente e vocalizza con un’intonazione come di “commento”, si gira verso chi le ha dato il biscotto, fa ciao con la mano e se ne va. Ruggero è intelligente, ha uno sviluppo motorio buono, è disponibile e interessato alla comunicazione. Le uniche parole che dice sono [mamma], [papa’], [nonna]. Alla sua età la maggior parte dei bambini sa produrre qualche centinaia di parole diverse, e sa combinare queste parole in brevi enunciati. 
Ad esempio Chiara, all’età di due anni, dice alla zia che le mostra un libro: [wetto noe’unlibope’bambini], questo non è un libro per bambini. La zia chiede: e tu come fai a saperlo? Chiara replica [pecche’ io cio’ latiligentsadinonno... nonna... papa’emamma], perché io ci ho l’intelligenza di nonno, nonna, papà e mamma. 
Micol (Lichtner, 1999), a 1 anno e 9 mesi, produce enunciati del tipo Canchetto (Francesco) ha rotto una cosa, sedi per terra e gioca, messo da sola, ammacci è bona (un’espressione romanesca, ammazza è bona).

I genitori di Ruggero sono preoccupati. Non sanno che cosa aspettarsi, si chiedono se il bambino recupererà in fretta il suo ritardo linguistico, o se rimarrà sempre un pò più indietro degli altri. Sentono dirsi dal pediatra che Ruggero sicuramente parlerà a tre anni e che tutto procederà poi normalmente.  
C’è qualche “sintomo” che potrebbe far capire a un genitore se il proprio bambino recupererà prontamente il ritardo linguistico? 
Esaminiamo i dati delle ricerche su questo argomento

Caratteristiche del ritardo linguistico prima dei tre anni  

La percentuale di bambini con un forte ritardo linguistico a due anni oscilla tra il 9% e il 17% (Rescorla, 1989), con una prevalenza di maschi rispetto alle femmine.
I bambini che parlano tardi vengono in genere identificati con questo criterio: producono meno di 10 parole diverse (nella fascia di età 18-23 mesi) o producono meno di 50 parole diverse e nessuna combinazione di almeno due parole (nella fascia di età di 24-34 mesi).
L’ampiezza del lessico di produzione viene in genere stabilita attraverso un questionario fornito ai genitori (Caselli & Casadio, 1995), ma viene poi riesaminata attraverso osservazioni dirette.
E’ importante escludere che ci siano fattori cognitivi, percettivi, neurologici, alla base del ritardo linguistico. Questo viene in genere appurato somministrando un test di efficienza intellettiva (ad esempio, le “scale Bailey” che valutano lo sviluppo senso motorio), compiendo un esame audiologico e neurologico, ed escludendo che il bambino abbia avuto frequenti episodi di otite purulenta, che potrebbero aver determinato occasionali perdite parziali di udito. 
La perdita, anche parziale, di udito potrebbe infatti essere una causa di ritardo linguistico. E’ anche importante stabilire se il bambino abbia una comprensione lessicale buona, utilizzando ancora una volta un questionario per i genitori oppure qualche semplice test di conoscenza lessicale.
Vengono definiti “bambini che parlano tardi” (late talkers, [leittokes]) i soggetti che hanno un normale sviluppo intellettivo e socio-affettivo, e che non hanno alcun apparente danno neurologico.

Una comune caratteristica dei bambini che parlano tardi è un forte ritardo fonologico che si accompagna al ritardo nella produzione lessicale. 
Thal, Oroz e McCaw (1995) hanno esaminato la lallazione di 7 bambini (età 18-33 mesi) con un forte ritardo linguistico in una sessione di gioco libero con la mamma. Li hanno confrontati con un gruppo di bambini o della stessa età o più giovani, analizzando i diversi tipi di consonanti prodotte nelle vocalizzazioni non comprensibili, in cui non era riconoscibile alcuna parola. Sono emerse alcune importanti differenze. 
Il repertorio di consonanti presente nei bambini che parlano tardi è molto ristretto, essendo prevalentemente costituito da nasali labiali e alveolari (/m/, /n/) e aspirate (/h/). Il repertorio di consonanti presente nel gruppo di bambini più giovani (12-18 mesi) è decisamente più ampio: oltre alle nasali e alle semiconsonanti include occlusive labiali (/p/, /b/), alveolari (/t/, /d/) e velari (/k/, /g/). Il repertorio di consonanti presente nel gruppo di bambini della stessa età (18-33 mesi) include nasali labiali e alveolari , occlusive labiali, alveolari e velari, alcune consonanti fricative e affricate, aspirate, glottidali e semiconsonanti. Dunque i late talkers hanno un ritardo fonologico che si evidenzia anche nell’attività di lallazione, e non solo quando osserviamo i loro tentativi di produrre parole.


Come evolve il ritardo linguistico tra i due e i tre anni. 

Molti bambini che a due anni hanno una produzione fonologica e lessicale immatura, tipica di soggetti più piccoli, intorno ai tre anni sembrano aver recuperato il ritardo: hanno un lessico piuttosto ampio, molti dei loro enunciati sono comprensibili, e iniziano a combinare parole. 
Questi bambini sono definiti in inglese con una graziosa espressione, late bloomers ([leitblumes]), bambini che sbocciano tardi. Roberts, Rescorla, e collaboratori (1998) hanno osservato a 3 anni un gruppo di bambini che erano stati identificati per il loro ritardo linguistico tra i 24 e 31 mesi di età. 
Rivedendoli a 3 anni, circa la metà dei soggetti può considerarsi late bloomers: produce un numero di enunciati comprensibili equivalente a quello di un gruppo di controllo (19 bambini di 3 anni, con sviluppo linguistico tipico), anche se la loro produzione fonologica è ancora più indietro rispetto al gruppo di controllo. Anche le frasi sono più brevi e meno complesse sintatticamente rispetto al gruppo di controllo.

Altri studi permettono di individuare le caratteristiche del ritardo linguistico che sono maggiormente predittive dello sviluppo linguistico successivo. Per un bambino che a due anni produce pochissime parole (nell’ordine della decina), la probabilità di avere un rapido progresso a livello lessicale dipende dal suo livello di sviluppo fonologico, che può essere indicato dai diversi tipi di consonanti che sa utilizzare. 
La probabilità di recuperare a livello di sviluppo sintattico entro i tre anni non può invece essere predetta né dallo sviluppo fonologico né da quello lessicale, ma soltanto dall’età di comparsa delle prime combinazioni di parole (Mirak & Rescorla, 1998).
I bambinI che intorno ai 31 mesi non producono alcun enunciato con una combinazione di almeno due parole hanno un’alta probabilità di mantenere il ritardo nello sviluppo sintattico anche a 3 anni. 
a cura di Margherita Orsolini, Università La Sapienza, Roma

 http://www.infantiae.org/orsolini050911.asp